Conseguenze della guerra di Spagna sulla storia italiana

Intervento di Pietro Ramella all’Assemblea Annuale dell’AICVAS il 16 novembre 2002

Conseguenze della guerra di Spagna sulla storia italiana
La partecipazione fascista alla guerra di Spagna ebbe pesanti conseguenze sulle susseguenti vicende italiane, infatti, i massicci aiuti forniti da Mussolini a Franco pesarono gravemente nel conflitto mondiale che avrebbe coinvolto l’Italia quindici mesi dopo la fine di quello spagnolo. All’atto dell’entrata in guerra, lo Stato Maggiore italiano fece presente l’impreparazione del nostro esercito soprattutto perché l’industria pesante non era riuscita a reintegrare il materiale utilizzato in Etiopia ed in Spagna. Tra le due guerre inoltre l’Italia aveva venduto all’Inghilterra, alla Francia ed alla Jugoslavia (nostre future nemiche) ed ad altre nazioni europee materiale bellico per 1.820 milioni di lire. Le conseguenze di questo depauperamento si fecero sentire soprattutto dove i gradi spazi permettevano rapidi spostamenti delle truppe. Così accadde in Africa Settentrionale, dove le truppe meccanizzate giocarono un ruolo fondamentale per la vittoria, considerando inoltre la differenza di qualità e potenza dei mezzi impiegati. I carri armati in dotazione agli inglesi avevano una corazza che era doppia di quella dei nostri, la velocità e la potenza di tiro non erano paragonabili. Mancarono soprattutto i semplici mezzi di trasporto, i camion, l’Italia aveva lasciato in Spagna 7.500 mezzi, che sarebbero tornati utili sia nelle avanzate, ma soprattutto nelle ritirate. La velocità di manovra permise ai tedeschi ed agli inglesi di catturare migliaia di prigionieri, cosa che non riuscì agli italiani. Il sacrificio degli italiani ad El Alamein non consentì alle truppe che si stavano ritirando di raggiungere le posizioni predisposte per preparare una linea di difesa, infatti, gli inglesi, superata l’eroica resistenza delle nostre retroguardie, forti della loro mobilità catturarono 20.000 italiani e 10.000 tedeschi, che non disponevano di mezzi per sganciarsi, mentre Franco utilizzava i camion portati in Spagna dal Corpo Truppe Volontarie. La stessa mancanza di mezzi costerà cara all’esercito italiano nella ben più tragica ritirata di Russia. Tutto questo porta determinare la responsabilità di chi volle partecipare alla Seconda Guerra mondiale in uno stato di così grave inferiorità, responsabilità del Duce e di tutta la classe politica dell’epoca. Veniamo alle responsabilità dei giorni nostri. Piero Calamandrei diceva “Quando vorrete sapere dove è stata scritta la nostra Costituzione andate dove i nostri giovani sono morti per la Libertà”, quindi la Costituzione è stata scritta anche sulle rive del Jarama, alla Città Universitaria di Madrid, a Guadalajara, a Brunete, sulle rive dell’Ebro, anche i combattenti di Spagna antifascisti hanno scritto con il sangue la Costituzione. In un legame di sangue e di sacrifici comprendiamo i condannati al carcere ed al confino, gli esiliati, i deportati, le vittime innocenti dei massacri nazifascisti, i morti civili e quanti altri pagarono con il sangue il sogno di grandezza di un pazzo. Ma se la Costituzione è stata scritta da tanti viene da domandarsi perché l’attuale inquilino di Palazzo Chigi non renda loro omaggio, possiamo pensare che per non urtare la suscettibilità del suo primo alleato non vada alle Fosse Ardeatine, qui erano badogliani, comunisti, socialisti, liberali, – antifascisti insomma – o al passo del Turchino od alla Benedica che di recente i seguaci dei “ragazzi di Salò hanno profanato. Questa sarebbe stata una grande occasione per onorare la Costituzione. Ma perché non è mai andato a Marzabotto, qui non erano antifascisti, erano vecchi, donne e bambini inermi, qualcuno di questi bambini era in fasce, qualcuno iniziava a camminare, altri imparavano a leggere e scrivere, forse se non fossero stati massacrati oggi voterebbero per lui per lui. Ma lui deve pagare i debiti contratti con chi lo ha portato sul proscenio mondiale, i fascisti vogliono modificare a loro uso e consumo la Storia, quelli che hanno rubato pretendono riabilitazione e legittimazione, i cattolici chiedono di modificare la scuola, favorendo quella privata, ultimi i razzisti della Lega hanno preteso la più vergognosa Legge sull’immigrazione che un popolo di emigranti come il nostro abbia approvato ed ultima la divisione dello stato in nome di una Devolution di facciata, ma di dissoluzione di fatto. Voglio chiudere leggendovi una poesia scritta da un’americana – Genevieve Taggard – dedicata ai veterani della Brigata Lincoln, che io estendo a tutti quanti combatterono per la Libertà, essa è significativa indubbiamente difficile che stiamo attraversando, in cui però un fermento nuovo pervade il paese, le forze amanti della Libertà e della Pace si stanno risvegliando ed allora guardiamo al futuro con fiducia.

Ai veterani della Brigata Lincoln

Dite pure di loro
che non conoscevano lo spagnolo
i primi giorni, e nulla dell’arte della guerra
i primi giorni:
come sparare, come attaccare, come ritirarsi,
come uccidere, come andare incontro alla morte i primi giorni.
Dite pure che conservarono l’aria azzurra
brontolando e lamentandosi,
secche parole e volti aspri. Dite pure ch’erano giovani;
gli sparuti nella trincea, i morti sul pendio d’olivi tutti giovani. E i magri, i malati, e gli sbranati,
ciechi, negli ospedali, tutti giovani.
Dite pure di loro ch’erano giovani, molte cose non le conoscevano, erano uomini come gli altri. Dite tutto; è vero. Dite pure ora che quando il personaggio eminente, l’importante, il benestante, il vecchio, e gli uomini intenti a disputare e a vendere, tradire, tacere nell’omertà, spaccare il cappello in quattro,
scrivere brutti articoli, firmare su cattivi giornali, mandare conti falsi,
corrompere, ricattare, piagnucolare, opprimere, strangolare – essi seppero e agirono compresero e morirono.

O, se non morirono, tornarono e trovarono una pace Che non è pace. Dite pure di loro
Che non sono più giovani, non hanno più appreso
le furbizie, gli espedienti della pace, di questa pace, i trucchi della paura;
e dite pure che ciò sapevano, tuttora sanno.
E ciò osarono, osano tuttora.
Pietro Ramella