Dalla guerra civile alla lotta politica

MEMORIE DI SPAGNA – A CURA DI MARCO PUPPINI E PIETRO MARGHERI
Pubblichiamo interventi dei combattenti di Spagna
Ricordi di combattenti antifascisti che hanno partecipato alla guerra civile spagnola e alla lotta contro il franchismo (1936 – 1975). Dalla guerra civile alla lotta politica – Di Clemente Maglietta.
PIETRO MARGHERI – MARCO PUPPINI – – 26/03/2003

DALLA GUERRA CIVILE ALLA LOTTA POLITICA
Di Clemente Maglietta

Riandando indietro nel tempo, al 1936, alla mia fuga dall’Italia per raggiungere i combattenti internazionali in Spagna, cerco di dare un significato più misurato agli eventi che mi coinvolsero direttamente.
Passato in Spagna, attraverso una lunga marcia sui Pirenei, avevo una sola incontenibile volontà: quella di combattere contro il fascismo oppressore del mio Paese.
È facile immaginare la delusione immediata, che si manifestò in me, nel lungo peregrinare da Figueras ad Albacete e poi a Madrigueras dove fui inviato per l’addestramento. Ebbi l’impressione di essere coinvolto in un ingranaggio amministrativo di cui ero vittima involontaria ed insofferente.
Eppure, fu questo un contatto un po’ burocratico con la realtà spagnola che sollecitò il mio impegno per la comprensione dei contenuti reali della complessa vicenda politica della Spagna.
Mi impegnai ad apprendere la lingua leggendo la stampa e parlando con la gente, cercando di avere una idea dei fermenti di opinione e dei contrasti e delle polemiche molto vive in campo repubblicano per la scelta della strategia e della tattica in campo economico e sociale oltre che militare.
Ricorso come la prima cosa che impegnò la mia attenzione fu quella della trasformazione di una milizia eroica e volontaria in un esercito organizzato e disciplinato.
Così per la prima volta nella mia vita già impegnata nella clandestinità, presi contatto, alla luce del sole e nel pieno di uan guerra implacabile, con la complessa realtà di un popolo che doveva dare contenuti e rigore alle istituzioni, costruire una unità di impegno politico ed attuare le scelte imposte dalla trasformazione di un regime democratico e sociale, accentuando lo sforzo comune nella guerra.
La mia inesperienza si arricchì delle difficoltà per la costruzione di una democrazia moderna in un Paese dalle complesse e arcaiche istituzioni con vecchi rancori e con drammatiche incomprensioni a livello di classe e di nazionalità. La attuale unità delle forze democratiche ha origine lontane ed è costata duri sacrifici al popolo spagnolo, dopo la vittoria elettorale del ’36 che vide insieme un’area moderata ed il movimento operaio profondamente diviso per ragioni ideologiche nei partiti e nelle organizzazioni sindacali.
La resistenza all’aggressione armata fascista aveva trovato, nello slancio ideale, molti disposti a combattere ed a morire ma quando si dovette disporsi a sostenere una guerra lunga e logorante ripresero vigore le diverse valutazioni politiche e i molti comportamenti individuali, con scelte radicalmente diverse, talora opposte, in campo economico e sociale.
Occorre parlare oggi di queste cose per misurare il costo e la solidità della esperienza maturata dagli spagnoli nei quarant’anni che sono trascorsi dal 1936. Una esperienza che, parzialmente, vissi anch’io comprendendo così meglio le componenti politiche della lotta in Italia, perché il franchismo aveva saputo legare gli interessi della grossa proprietà alla tradizione ed al fanatismo religioso, esaltando un passato deformato dalla propaganda di tipo patriottico e nazionalista al solo scopo di sopprimere le libertà e le riforme indispensabili per un nuovo modo di vivere e per il progresso delle forze del lavoro e del popolo.
Come da noi e più che da noi, le forze di ispirazione democratica erano divise da contrasti che ne indebolivano la capacità di resistenza e di organizzazione. A differenza dell’Italia, tuttavia, in Spagna lo sforzo unitario poté realizzarsi nel pieno di una eroica guerra civile combattuta insieme ed insieme perduta. Ogni soluzione concreta delle cose imposte dalle necessità della guerra fu un passo avanti verso la chiarificazione politica e verso la unità.
Un processo continuato all’estero ed all’interno del paese che, in Italia, si concluse con la lotta armata contro il fascismo e che in Spagna, iniziato con la guerra civile, si sta concludendo sul terreno della intesa politica delle forze che hanno per obiettivo la fine del franchismo e della oppressione.
Dopo 40 anni, già vicini alla meta, sono evidenti le difficoltà che ancora non hanno coronato gli sforzi di quanti hanno lottato con impegno e dedizione.
Oggi, tuttavia, si opera nel più ampio quadro di un impegno europeo e mondiale che probabilmente, trova nelle comuni esperienze una precisa posizione di quei Paesi mediterranei che più furono impegnati nella lotta politica e che cercano e trovano orientamenti affini nella complessa lotta per la democrazia ed il progresso e per la mobilitazione unitaria di tutte le forze socialmente impegnate. Riprendendo il filo dei ricordi, un altro episodio si inserisce nel quadro del discorso iniziato.
Poco dopo le assunzioni di responsabilità politica al Battaglione, toccò a me di accogliere le reclute catalane assegnate alla Brigata Garibaldi per completarne l’organico.
Mi trovai, così, coinvolto in un discorso assolutamente nuovo, con ampi risvolti politici e con accentuate punte di nazionalismo autonomista.
I giovani catalani, chiamati alle armi, figli probabilmente di miliziani autonomisti e di orientamento anarchico, dovevano trovare un ambiente che rendesse facile l’inserimento in una unità combattente provata da molte battaglie ma, fino ad allora, fondata sulla perfetta unità tra italiani e casigliani. Toccò a me accoglierli al battaglione e spigare le caratteristiche di una Brigata internazionale mista basata sull’alto livello di intesa politica e militare, fondamento per una disciplina fortissima.
Il mio spagnolo lasciava molto a desiderare e il mio parlare era improvvisato. Procedendo un po’ a tentoni e poi, via via cercando contenuti politici ed umani, feci ampio ricorso al gesticolare tipico dei napoletani usando locuzioni dialettali che parvero agli ascoltatori abbastanza comprensibili.
Scherzando, ebbi poi a dire che i catalani comprendevano il napoletano ma più seriamente oggi posso dire che il calore umano, la locuzione ed il gesto semplice poterono trovare una eco favorevole perché avevano riscontro in un ambiente unitario consolidato in mille e mille episodi e in tante prove di solidarietà. Dopo pochi giorni, in battaglia, quelle giovani reclute seppero battersi come sperimentati anziani, con commovente impegno.
Le differenze ideologiche e la stessa autonomia rivendicata dai catalani aveva trovato la misura e la dimensione dell’unità.
E la mia esperienza si arricchì di contenuti fino ad allora sconosciuti e di impegni che ebbero tanto peso nella successiva azione politica in Italia. Desidero, infine, ricordare un ultimo episodio nella mia breve vicenda di combattente. Nelle immediate retrovie di Belchite, la lotta politica condotta da gruppi avventuristici aveva gettato il discredito sulle Brigate Internazionali che dovettero subentrare a milizie che avevano sguarnito il fronte.
Il nostro ingresso nelle diverse località era accompagnato dalla scomparsa della gente barricata nelle proprie case. Un vuoto che faceva inpressione!
Spettò a me di stabilire i rapporti con la popolazione, beneficiando della collaborazione e della iniziativa di tutti, benché stanchi e malandati per i combattimenti.
Un lavoro politico fatto di mille iniziative individuali e di molti atti di comprensione e di solidarietà. Tutti rinunciarono al soldo e tutti misero le proprie risorse a disposizione del paese.
Dopo qualche giorno non c’era ragazzo che non accompagnasse i canti italiani e non c’era giovane donna che non avesse al collo i fazzoletto garibaldino.
Una grande festa doveva celebrare la raggiunta unità e la reciproca amicizia. Non potei partecipare perché trasportato in gravi condizioni all’ospedale di Lerida, con le due gambe spezzate.
Molti dei protagonisti di quella vicenda sono scomparsi, qualcuno potrà ancora ricordare l’episodio il cui contenuto umano e politico trova nella unià democratica la sua naturale conclusione.
Ricordi di ieri, di quarant’anni fa che si riconoscono nelle vicende di oggi e che meritano la sanzione definitiva della libertà riconquistata dal popolo spagnolo circondato dall’affetto e dalla riconoscenza di un’Europa che cerca la propria unità.