In ricordo di Franco Vaia

Ho conosciuto Francesco dopo lo spostamento della sede dell’Aicvas da Roma a Milano,
quando alla presidenza è stato nominato un milanese, una personalità notissima negli
ambienti della Resistenza e della democrazia, che lui conosceva bene: Giovanni Pesce.
Ho cominciato a incrociarlo nelle riunioni e nei viaggi della memoria che venivano
organizzati all’epoca. Uno dei primi ricordi risale a quindici – venti anni fa, purtroppo
non sono riuscito a individuare la data esatta. Una delegazione dell’Aicvas presente a
Barcellona per un viaggio della memoria era stata invitata a visitare la sala dove si
svolgevano le riunioni della Generalitat catalana. Io ero lì con la mia compagna e il nostro
figlio piccolo, Tommaso, lui con sua moglie Graziella e suo figlio Federico, di poco più
vecchio di Tommaso. Ci siamo seduti a poca distanza sulle sedie del Parlamento.
Il giorno dopo sulla stampa compariva la notizia che “un niño” (un bambino) sedeva proprio
sulla poltrona del Presidente Pujol, con tanto di fotografia. Il niño era Federico, e la foto ritraeva
lui e Tommaso, altro niño seduto al Parlamento. E’ stata la prima volta che ho riso assieme
a Francesco commentando la notizia dei nostri figli “parlamentari”.
Nel 2010, dopo la morte di Pesce e la riforma statutaria dell’Aicvas, Francesco è stato
nominato presidente, in un momento difficile per l’associazione. Ha saputo imprimere una
svolta, che ha dato inizio ad una stagione proficua di contatti e di attività.
Ricordo alcune iniziative importanti prese in quel periodo che l’hanno visto promotore,
come la messa in sicurezza dell’archivio attraverso un accordo con l’Istituto Nazionale per la
Storia del Movimento di Liberazione. Da qui è iniziata la collaborazione con l’Istituto.
Sono stati consolidati i rapporti con le associazioni “consorelle” europee. Partecipando assieme a lui
a tante iniziative ho imparato a conoscerlo meglio, con il suo parlare gentile ma fermissimo
nel sostenere le sue idee, con le argomentazioni sempre pertinenti, ma anche con la sua
umanità, la sua attenzione verso le persone che lavoravano con lui. E sono proprio alcuni
episodi, che rivelano meglio di altri questo suo lato umano, che vorrei ricordare qui.
Eravamo andati assieme a Berlino, era la prima volta che l’associazione partecipava alla
riunione annuale della KFSR, l’associazione tedesca degli ex combattenti antifranchisti, e
lì abbiamo fatto conoscenza con i compagni tedeschi ed iniziato un proficuo rapporto di
collaborazione. Ricordo che mi ha incoraggiato e rincuorato quando sono andato in crisi
per avere perso il taccuino in aereo (poi ritrovato grazie ai compagni tedeschi) e le risate al
ritorno quando, correndo per non perdere il volo, mi sono rovesciato addosso la tazza di
caffè che stavo bevendo. Per un attimo ho pensato che non avrebbe più voluto viaggiare
con un uomo distratto come me, ma non era vero. Siamo stati a Parigi nel maggio 2010
per discutere la creazione di un Coordinamento Internazionale delle associazioni di ex
volontari della guerra di Spagna. Io a Parigi non c’ero mai stato e lui mi ha accompagnato,
nei momenti liberi, a visitare una città che invece lui conosceva. In un altra occasione,
sempre a Parigi, ero rimasto senza camera e lui mi ha accompagnato nel pomeriggio per
cercarmi una sistemazione. Ricordo anche un lungo viaggio nell’aprile 2016 con lui in
macchina da Milano a Massa Lombarda, per presentare la mostra sulla guerra civile di
Mauro Remondini, e poi da lì a Brescia per presentare il libro sulle italiane antifasciste in Spagna
a cura della Rete Antifascista Brescia. Io avevo la gamba già gonfia per la puntura
di un insetto imprecisato presa una decina di giorni prima al campo di concentramento di
Les Milles, dove io, Matteo Cefis e Vladimiro, il fratello di Francesco, avevamo
accompagnato gli studenti di alcune scuole di Crema e Cremona. Lui mi è stato vicino con
molta attenzione, è venuto a prendermi al Pronto Soccorso di Ravenna dove mi ero
recato, mi ha accompagnato a Brescia in farmacia, mi ha accompagnato al treno. Non
abbandonava, non lasciava da solo ad arrangiarsi, chi stava lavorando assieme a lui.
Quando a causa della salute e dei mille impegni con le Manifatture del Seveso, per cui
lavorava da molti anni, ha dovuto ridurre gli impegni con l’associazione, è stato
in ogni modo sempre presente. Nelle riunioni di direttivo, anche dopo aver abbandonato la carica
di presidente, nelle assemblee, i suoi interventi erano sempre precisi, miravano a
risolvere problemi pratici, finanziari e fiscali, oppure a inquadrare politicamente le
tantissime iniziative messe in campo. L’ultimo momento pubblico di dibattito cui lo ho visto
è stato all’incontro sulla situazione politica in Catalogna dell’11 maggio 2018 a Milano.
Era un momento di grande tensione a causa delle rivendicazioni indipendentiste catalane,
rivendicazioni che ponevano molte domande e dubbi all’associazione. Anche in quella
occasione ha voluto intervenire, dire la sua, essere presente e portare il suo contributo
critico.

Adesso non c’è più. E’ stato un uomo che ha vissuto i suoi ideali politici in modo coerente.
A me personalmente ha dato molto anche sul piano umano, sarà difficile dimenticarlo.

Marco Puppini