Lun. Dic 2nd, 2024

Di nuovo Giacomo Pellegrini spia dell’Ovra? Il viaggio carsico delle accuse della “macchina del
fango” fascista.

Il recente libro di Mario Cereghino e Giovanni Fasanella, Le menti del doppio stato. Dagli archivi angloamericani e del servizio segreto del PCI il perché degli anni di piombo, Milano, Chiarelettere, 2020 indaga sul ruolo dei servizi segreti esteri ed italiani e degli apparati di stato nella storia italiana dalla seconda guerra mondiale agli anni Settanta. Libro senza dubbio interessante e documentato, anche se va letto con spirito critico. In particolare (ma non solo) nel caso di alcune pagine dedicate al comunista friulano Giacomo Pellegrini, che ha avuto ruoli importanti in Spagna durante la guerra civile, pagine che ripetono un’accusa infamante, mossagli negli anni Cinquanta da ambienti che riunivano servizi segreti britannici, esponenti anticomunisti e vecchi agenti fascisti, di essersi venduto all’OVRA nel 1939 e di esserne divenuto collaboratore (pp. 278-279). Un esempio di “macchina del fango” o di “tempesta di merda” come direbbe qualcuno, diretta già allora contro singoli esponenti della sinistra di cui Pellegrini è stato vittima.

Chi era Giacomo Pellegrini? Grazie all’attività documentata ed appassionata di Gigi Bettoli sappiamo già molte cose su di lui e sull’episodio specifico. Invito tutti a leggere la sua relazione Roma, Trieste, Venezia: Giacomo Pellegrini dirigente del Pci e parlamentare tra guerra e dopoguerra, tenuta al convegno svoltosi a Udine il 15 febbraio 2014 e rinvenibile sul blog storiastoriepn. Do qui solo una brevissima sintesi. Pellegrini, nato a Osoppo (Udine) nel 1901, ha partecipato in prima linea alle grandi lotte del proletariato friulano nel primo dopoguerra. Divenuto funzionario del partito comunista e trasferitosi a Roma, è arrestato una prima volta nel 1926 e condannato a otto anni e sei mesi di carcere. E’ detenuto a Firenze. Liberato dopo sei anni e mezzo nel 1932 per indulto, l’anno dopo espatria diretto in Romania dove vivevano i genitori, ma in realtà si reca in URSS dove, col falso nome di “Porro” e poi “Redi”, frequenta i corsi alla scuola di partito. E’ tra i primi comunisti italiani ad essere inviato dall’URSS in Spagna nell’agosto 1936, e guida il gruppo dei cosiddetti “quattro tecnici” incaricati di osservare e valutare la situazione.

Grazie anche alla lettera che i quattro, a firma “Redi”, spediscono a Mosca che inizia l’intervento militare dei comunisti italiani in Spagna con la costituzione della Centuria Sozzi. In seguito si sposta sul fronte di Aragona, nella zona di Tardienta, con le milizie del PSUC ma poi alla fine del 1936 è spostato, per sua dichiarazione, a svolgere “servizi speciali” (probabilmente incarichi politici e di polizia) per conto dell’Internazionale. Rientrato in Francia, si prepara ad una nuova difficile missione, questa volta clandestina, in Italia, dove il partito vuole ricostruire un centro interno. Dapprima viene inviato in Liguria il cesenate Giuseppe Tombetti, “Romeo”, anch’egli funzionario di lungo corso. Poi, dopo le rassicurazioni di Tombetti, arriva Pellegrini, ma i due vengono arrestati il 6 marzo 1939. Dopo il loro arresto, nel corso di quattro mesi ci saranno altri arresti di vari funzionari comunisti in tutta Italia, ventinove in tutto loro compresi mentre altri quattro funzionari non verranno trovati e saranno dichiarati latitanti. In carcere subiscono torture che Maria Bernetič (“Marina” e “Mara”, anche lei arrestata in quella occasione proveniente dalla Francia) definirà brutali.

Su questo episodio si concentrerà la macchina del fango anticomunista quindici anni dopo accusando Pellegrini di essersi venduto in quella occasione all’OVRA forse per amore della giovane moglie spagnola, e di aver tradito i compagni e le compagne. Nel 1954 la rivista “Pace e Libertà”, organo dell’omonima associazione, di cui era direttore un noto provocatore prima infiltrato nel PCI, Luigi Cavallo, ospitava un articolo a firma di una ex spia fascista, Luca Osteria, dal titolo: Il senatore Giacomo Pellegrini traditore del PCI e spia dell’OVRA. Luca Osteria, un nome noto a chi si è occupato di questi problemi, è stata una delle più abili spie fasciste, passato astutamente negli ultimi mesi di guerra dallo spionaggio fascista alle file dei servizi segreti britannici, arrivando senza problemi alla fine della guerra prima al servizio di Parri e poi della rete partigiana anticomunista di Edgardo Sogno.

La campagna contro Pellegrini continuava con una serie di interventi sempre di Osteria sul periodico anticomunista “Solidarietà Operaia”. Ben centomila volantini con la medesima accusa erano diffusi in tutta Italia, l’onorevole democristiano Togni attaccava Pellegrini in Parlamento. Accuse analoghe erano rivolte anche a Pietro Secchia e Cino Moscatelli. In quel periodo Pellegrini è vicino a Togliatti, che probabilmente era il principale obiettivo dell’operazione. Certo, i documenti d’archivio raccontano una verità diversa. Il testo della sentenza 29 reg. generale n.129/1939 del Tribunale Speciale recita chiaramente: «Il Tombetti fece subito ampie confessioni» elencando poi i risultati ottenuti grazie a queste confessioni, mentre Pellegrini aveva ammesso solo di essere un funzionario comunista. Anche nel dossier presente al Casellario Politico intestato a Tombetti vi sono riscontri del suo totale cedimento di fronte alla polizia.

Ad avere non solo parlato ma collaborato con l’OVRA era quindi Tombetti, arrivato in Italia per primo, individuato già in febbraio e “lavorato” dalla polizia. Inoltre, Pellegrini viene condannato a vent’anni di carcere che sconta a Civitavecchia sino all’agosto 1943 quando viene liberato dopo il ribaltone del 25 luglio assieme a molti altri. Non viene “premiato” per il suo presunto tradimento. Tombetti invece viene condannato a sette anni ma ne sconta solo quattro e viene liberato nell’aprile 1943 (prima del 25 luglio). Ma questo non ferma i “lanciatori di merda” di Pace e Libertà che affermano che se Tombetti aveva parlato, Pellegrini era diventato realmente un collaboratore dell’OVRA, però la sua “conversione” doveva rimanere segreta. Pertanto il questore di Genova aveva firmato una relazione falsa e le carte relative al tradimento di Pellegrini non erano state trasmesse al Tribunale Speciale bensì nascoste (e mai saltate fuori) o distrutte. Noi che, sessantasei anni dopo, abbiamo visto molte di queste operazioni, avvertiamo un inconfondibile odore di fogna.

Eppure l’accusa è stata ripresa da Franco Fucci, che dichiara però di avere ascoltato solo la versione dell’ex spia fascista Osteria (Le polizie di Mussolini, Milano, Mursia, 2001 ma prima edizione del 1985, pp. 269-285). Eppure nel racconto di Osteria vi era un punto che doveva creare dei dubbi, ovvero che Pellegrini aveva tentato di inviare lettere cifrate al centro estero del partito, ma gli abili poliziotti fascisti lo avevano subito scoperto (p. 279); un comportamento strano da chi avrebbe stipulato un accordo con l’OVRA. L’invio in realtà riuscito di messaggi cifrati al centro estero è confermato da Roasio che scrive: «solo dopo il suo (di Pellegrini) arresto e quello successivo della triestina Maria Bernetič, a Parigi si saprà la verità, grazie ai messaggi in codice, spediti dal carcere da Pellegrini alla moglie» (Bettoli, p.54). L’accusa a Pellegrini è stata però ripresa dal dirigente democristiano Alfeo Mizzau (“La Panarie” n.89, a.XXII, dicembre 1990 e n.92 a.XXII, settembre 1991. La rivista ospita anche le critiche di Mario Lizzero e Amerigo Clocchiatti, che avevano conosciuto bene Pellegrini, alle accuse di Mizzau), ed ora da Cereghino e Fasanella.

Fin qui niente di nuovo rispetto a quanto già scritto da Gigi Bettoli. Di nuovo nel libro di Cereghino e Fasanella c’è la fonte, ed è per questo che ne scrivo. La fonte sono i documenti datati 1946, quindi ben prima del 1954, dei servizi britannici, conservati all’archivio dei Kew Gardens. Sarebbe interessante vedere le carte nella loro completezza, cosa che in questo momento per varie ragioni non mi è possibile, ma qualche considerazione si può fare ugualmente. Il problema è la fonte cui hanno attinto a loro volta questi servizi, o una fonte interna al PCI oppure agenti ex fascisti noti per “saperla lunga” (ma anche professionisti della falsificazione e della provocazione) vicini alla organizzazione britannica. In questo secondo caso la risposta è facile. Nel 1939 il solito Luca Osteria, come agente dell’OVRA, aveva diretto le operazioni che avevano portato all’arresto di Pellegrini, ed in seguito durante la seconda guerra si era arruolato con i servizi britannici; è probabile che le informazioni vengano da lui e pertanto rimaniamo nel circolo prima visto. E’ probabile che la provocazione contro Pellegrini fosse stata progettata ben prima del 1954, dopo il suo arresto del 1939, forse per nascondere la persona che veramente aveva fornito alla polizia fascista tante informazioni e creare sospetti su Pellegrini (non solo coprire Tombetti ma anche chi aveva fornito alla polizia la cosiddetta “lista dei 44” con nomi e informazioni sulla élite comunista all’estero). E poi lasciata “in caldo” e tirata fuori al momento opportuno dopo la guerra. «E’ da più di un anno che queste accuse, fabbricate nel chiuso dell’OVRA vent’anni fa, e oggi enucleate in manifesti, appaiono in cantonate davanti alle fabbriche» si può leggere sul numero di “Rinascita” del 1954 dedicato a questa vicenda e l’articolista a mio parere aveva visto giusto (in: M. Franzinelli, I tentacoli dell’Ovra, Torino, Bollati Boringhieri, 1999, p.482). Niente di realmente nuovo dunque. Se la fonte fosse stata interna al PCI, un infiltrato che passava informazioni ai servizi britannici, cambierebbe il personaggio ma non la sostanza.

Cereghino e Fasanella accennano a Pellegrini anche in altra parte del libro (p. 281-284), ma l’accusa gravissima che fanno, con toni allusivi e senza alcuna prova, non merita riflessione o risposta. L’accusa è di avere tentato di uccidere Togliatti il 1 maggio 1955 a Trieste, lasciando che stesse fermo per molto tempo su una tribuna scoperta sotto il sole, in una giornata calda. In quella occasione Togliatti aveva accusato un malore. Il partito aveva fatto un’inchiesta sull’accaduto, e Vidali, chiamato a riferire come segretario del partito triestino, aveva citato Pellegrini tra i responsabili della sicurezza. Questo basta ai due autori per ipotizzare un tentato omicidio di Togliatti messo in atto da Pellegrini o con la sua complicità. Forse sarebbe stata veramente opportuna da parte dei due autori una maggiore cautela. Per chi non conosce la biografia di Pellegrini, ricordo che dall’estate del 1943 sino alla fine della seconda guerra mondiale si è fermato a Roma lavorando alla segreteria del PCI. Nel 1946 è stato incaricato da Togliatti di gestire a Trieste le trattative con il partito jugoslavo sulla difficile situazione del confine orientale d’Italia; i testimoni ricordano i suoi epici scontri verbali col dirigente comunista sloveno Boris Kraigher. In seguito è nominato segretario della Federazione Comunista del Veneto, senatore dal 1948 al 1963 e poi nel 1968 vicepresidente del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia. E’ morto a Udine nel 1979.

Marco Puppini

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