I comunisti italiani alla guerra di Spagna

Memorie di Spagna. Memorie garibaldine. A cura di Pietro Margheri e Marco Puppini
I COMUNISTI ITALIANI ALLA GUERRA DI SPAGNA (1)1. Di Edoardo D’Onofrio – 1971
PIETRO MARGHERI – MARCO PUPPINI -memoriedispagna – 31/10/2003

Prima questione. Quali persone c’erano in Spagna con le quali collaboravo e che cosa facevano. Dal 1937 in Spagna c’erano tre persone italiane, dirigenti con funzioni diverse e naturalmente, anche di valore diverso. Il compagno Togliatti era rappresentante della Internazionale Comunista presso il Partito comunista spagnolo. Era il vero e proprio rappresentante – sul piano politico – della Internazionale Comunista presso il Partito comunista spagnolo. È vero che il compagno Togliatti non era il solo a rappresentare l’I.C. Vi era il compagno Stepanov (bulgaro, naturalizzato sovietico, professore, funzionario del Comintern per il settore di lingua latina), il quale, nel passato, si era anche occupato delle questioni prprie del nostro partito e del nostro paese. Aveva funzioni di assistenza politica, e fino all’arrivo di Togliatti, le sue funzioni politiche erano preminenti. Inoltre vi era il compagno Gherö, che più tardi fu insieme al compagno Rakosci, dirigente comunista in Ungheria e ministro dell’Interno, ma che finì male nel 1956, dopo essere stato lungamente esaltato per aver diretto la ricostruzione dei ponti sul Danubio, a Budapest, rovinati dalla guerra. Gherö è ancora vivente e dopo un lungo periodo di esilio in URSS, trovasi in Ungheria e lavora per il partito e per la Repubblica. Gherö in Spagna era incaricato dall’I.C. di curare il Partito Socialista Unificato di Catalogna, del quale era diventato anche un effettivo dirigente. Contribuì non poco alla unificazione della gioventù socialista e comunista spagnola, in una organizzazione unica ed unificata.
Vi era, inoltre, André Marty, anche lui dell’I.C., ma con l’incarico specifico di occuparsi delle Brigate Internazionali. Tutti questi personaggi, politicamente e, diciamo pure una brutta parola “gerarchicamente” erano subordinati a Togliatti, il quale, per altro – che io sappia – non ha mai fatto valere in modo amministrativo questa posizione, ponendo sempre le questioni in modo politico e lasciando ai compagni spagnoli, al P.C.S., la responsabilità delle decisioni e la funzione primaria. Togliatti era legatissimo al P.C.S, a Pepe Diaz, a Checa, alla Ibarruri, ai dirigenti massimi del P.C.S. Era l’ispiratore politico per eccellenza; scriveva articoli sui giornali, ispirava prese di posizione e discorsi. Partecipava alle riunioni della Commissione politico-militare del partito e non disdegnava partecipare alle elaborazioni di qualche piano militare. Togliatti era, inoltre, collegato con gli specialisti sovietici in campo militare venuti in aiuto dei repubblicani spagnoli. La politica del Partito comunista spagnolo, deve a Togliatti moltissimo. Togliatti non è mai apparso pubblicamente, non ha mai partecipato a manifestazioni in modo aperto, né di partito né fuori. Aveva nel partito lo pseudonimo di Alfredo e legalmente era un giornalista, corrispondente di una grande agenzia di stampa. Nella pubblicistica storica viene, talvolta, presentato come un dirigente delle Brigate Internazionali. In quella foto, in realtà, Togliatti – per la prima volta durante la sua permanenza in Spagna – fece uno strappo alla regola che si era imposto e venne a Torrilla, in catalogna, ad un raduno di garibaldini, nel momento della smobilitazione delle B.I., e quindi della stessa Brigata Garibaldi, per salutare i compagni e ricevere il fazzoletto garibaldino, tricolore con i colori della bandiera spagnola repubblicana aggiunti. Togliatti partecipò a quelle manifestazione come compagno italiano e in qualità di italiano. Ero presente alla manifestazione e so quel che dico: non è perciò male che certi giornalisti faciloni siano corretti, almeno nei documenti di stria del PCI. La Brigata Garibaldi aveva, in quel momento, come commissario politico il compagno Suardi e come comandante militare un compagno spagnolo, ma suo sostituto in quel momento era il compagno Sartori di Vicenza, se ben ricordo. Il compagno Alessandro Vaia (alias Martini) ultimo comandante italiano della Brigata Garibaldi, era già fuori della Spagna. Egli però nella storia delle Brigate va ricordato per le sue doti organizzative e militari e per la sua modestia. Non ho mai inteso, né allora, né dopo, che menasse vanto di quello che aveva fatto in Spagna.
La seconda personalità dirigente comunista italiana che era in Spagna, allora, era il compagno Luigi Longo (Gallo), Commissario politico di guerra delle Brigate Internazionali. Anche per lui gli storici giornalisti, non conoscendo appieno le cose e le funzioni, lo hanno fatto passare nella storia come il comandante Gallo. E questo anche nel numero a lui dedicato in occasione del 70° compleanno. Cosa questa, niente affatto vera e non corrispondente alle reali funzioni di Longo. In effetti le B.I. avevano un loro comandante militare proprio nella persona del generale Gomez (un compagno tedesco, di nome Zeisser, che fu poi ministro per gli interni della Repubblica democratica tedesca). Sede propria del generale Gomez era Albacete, una città a metà strada tra Valencia e Madrid; e di lì dirigeva col suo Stato Maggiore, amministrativamente e militarmente le B.I. Le singole Brigate erano poi, sempre dal punto di vista militare, sottoposte ai comandi dei diversi fronti militari nei quali erano destinate ad operare. Quindi, è chiarissimo: niente comandante – militare – Longo ( o Gallo). Longo non è stato un militare in Spagna anche se, naturalmente ha dovuto occuparsi – e come ! – anche di problemi più strettamente militari. La verità vera è che Longo è stato il vero ed effettivo – e continuativamente – Commissario politico di guerra delle Brigate Internazionali, anche se altri hanno portato lo stesso titolo (Nenni, Marty, ecc.). egli si occupava delle B.I. sotto ogni riguardo: dalla organizzazione al vettovagliamento, dalla efficienza in combattimento (armamento), fino alla preparazione politico-ideologica, sia in riferimento alla situazione spagnola sia a quella internazionale.
È stato bravo, accurato, capace politicamente e come organizzatore. Non ha avuto iattanze. Seppe elevare le B.I. a efficace strumento di politica internazionale; dimostrò capacità politiche e personali non comuni per il momento e per l’epoca; seppe lavorare con tutti, con i socialdemocratici, con i socialisti, con i repubblicani (Pacciardi e Nenni insegnano) e anche con comunisti a carattere un po’ complicato ( come André Marty e lo stesso Giuseppe di Vittorio) e, infine, per esempio, con gli anarchici della Catalogna e con gli anarchici italiani della Colonna Ascaso. È a Luigi Longo che si deve la efficienza delle Brigate Internazionali, la loro isciplinata smobilitazione, il loro rientro al fronte dopo le decisioni del governo Negrin e la loro evacuazione ordinata e regolare dalla catalogna, incalzata dal progredire dell’avanzata falangista, in Francia. Certo, egli non fu solo, ma su di lui caddero le maggiori responsabilità. Una nota particolare: era un piacere politico vederlo andare – e accompagnare – per i paesotti sul fronte dell’Ebro ad affiggere con le sue prprie mani i manifesti propagandistici delle B.I.; oppure a trattare le questioni più diverse con i rappresentanti dei volontari delle altre nazionalità. Luigi Longo, dirigente italiano del PCI, è stato – lo ripeto – il vero animatore, organizzatore e dirigente delle B.I. durante la guerra di Spagna.