La partecipazione fascista alla guerra di Spagna Pietro Ramella

Rari sono state nel dopoguerra i libri sulla partecipazione alla Guerra Civile Spagnola dell’Italia di Mussolini. Il più importante è l’opera di un americano John F. Corvedale con i “I fascisti italiani alla guerra di Spagna” (Laterza 1977), normalmente l’intervento viene trattato in forma indiretta nel più vasto quadro del conflitto. Ora due libri usciti verso al fine dell’anno scorso ripropongono l’argomento; si tratta di un’opera pubblicata in Spagna e non ancora tradotta in italiano di Dimas Vaquero Peláez “Creer, obedecer, combatir … y morir” edito dalla Institución Fernando El Católico di Saragozza e de “I ragazzi del ‘36” di Massimiliano Griner, edito da Rizzoli. L’autore spagnolo suddivide il suo lavoro in capitoli che richiamano il famoso slogan di Mussolini che è anche il titolo del libro. Nel primo capitolo “aggredire per vincere” suddiviso in due sottocapitoli “creer” e “obedecer” esamina le motivazioni che spinsero Mussolini ad impegnarsi in Spagna. La prima è senz’altro l’aggressività che caratterizzò il fascismo, che si espresse non solo nel disprezzo delle convenzioni internazionali, infischiandosi delle decisioni del Comitato di Non Intervento, ma anche nei confronti di Francisco Franco che, malgrado fosse contrario all’invio in Spagna di truppe straniere, in quanto già sotto accusa per l’impiego di reparti marocchini, fu posto dal dittatore italiano davanti al fatto compiuto. La seconda era quella di ampliare il controllo del Mediterraneo, denominato dal Duce “Mare Nostrum” in aperto contrasto con la Francia, nonché bloccare un’eventuale alleanza tra i due governi di Fronte Popolare, solo in un secondo tempo, quando cominciarono ad arrivare le prime navi cariche di materiale bellico dalla Russia, l’intervento prese una valenza anticomunista. Occorre ricordare che il governo repubblicano dell’epoca comprendeva due soli ministri comunisti, che alle ultime elezioni politiche avevano ottenuto alle Cortes 14 seggi su 453.
L’autore insinua che i primi aiuti dell’Italia non fossero disinteressati, la componente ideologica non c’entrasse, in quanto vennero prontamente pagati sia con l’oro custodito nella Banca di Spagna dell’isola di Maiorca, in mano ai ribelli, che il 19 agosto 1936 fu trasferito sulla torpediniera “Maestrale” e portato in Italia, sia con 5.000.000 lire che il finanziere Juan March aveva depositato presso la Banca d’Italia di Roma, come testimoniano le ricevute di presa in consegna dell’istituto d’emissione. Mussolini era all’apice della sua popolarità in patria, la conquista dell’Impero aveva galvanizzato gli italiani, le sanzioni decretate dalla Società delle Nazioni non avevano funzionato, il che aveva aumentato il suo prestigio presso i conservatori europei.
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